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Pedalando

La bicicletta, questo è il mezzo di locomozione a cui mi sono fermata. Due ruote, equilibrio, concentrazione, estate, libertà, mare, amici, padri che diventano motivatori atletici, ginocchia sbucciate e l’immancabile distinzione cromatica: rosa per le femmine, nera per i maschi. Si impara da piccoli che è meglio, meno paure, meno resistenza, meno consapevolezza. E’ da qualche giorno che nella strada in cui abito, regolata da un anomalo ed inverosimile doppio senso, che un bambino che deve avere superato da un po’ l’età dell’incoscienza assoluta ma per fortuna non quella dell’innocenza, va avanti e indietro con la sua bici, supportato da mamma, padre e nonna che, noncuranti della ferocia con cui l’asfalto a fine giornata ti investe con tutto il calore accumulato, sono lì determinati ad insegnare al figlio e al nipote come si fa a rimanere in equilibrio tra gomma ed asfalto. Già come si fa? come si fa a parare i colpi, far guarire le ferite, capire quando e come è il momento di frenare? Non lo si capisce subito o forse mai. E quindi ecco che il bambino avanza un po’ incerto va dritto, anche perché la strada essendo cieca non consente deviazioni e finchè va dritto va tutto bene, ma quando arrivano le curve come si fa? come si torna poi sulla retta via? come si affrontano i tornanti della vita? le svolte imposte e non scelte, quelle che ci cadono giù dal cielo come stelle comete nelle notti d’agosto o come tegole da un tetto? E poi soprattutto quando arriva il momento di frenare, lì sta il bello, una perfetta sincronia qui è richiesta: premere i freni poi mettere i piedi a terra, il tutto in una manciata di secondi, prima di finire accasciati sulla macchina del malcapitato parcheggiata a pochi metri. E quindi quando si frena, massima attenzione a non coinvolgere gli altri, a non lasciarli ammaccati. E poi anche se si cade, si riparte, lui riparte incoraggiato dal suo cordone familiare, da quelle inossidabili ancore di salvezza, da quelle rotelle fatte di affetto e presenza che sostituiscono quelle di plastica e ferro. E così passano poche ore da che esco e torno a casa e il giovane ciclista è sempre lì ma già è migliorato, già va più sicuro anche se ancora c’è da esercitarsi, avanti e indietro, si cade e ci si rialza e capita che trovi qualcuno che ti incoraggi, qualcuno che ti ostacoli e qualcuno che ti ignori durante il tuo tour de vie, e capita che le curve e le salite siano di più rispetto alle strade pianeggianti, che qualcuno ti sorpassi, che sembra che stai perdendo ma poi rimonti, che sembra che il fiato non ce l’hai più, che le lacrime ti bruciano quanto il sudore, però da quel sellino non scendi, ci provi e ci riprovi e non importa che tu stia pedalando su una Mountain Bike o una Graziella, non importa che sia una bici da passeggiata o da corsa, importa dove ti porta.

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