“Arresto improvviso dei passi, la dama si piega sulle reni rovesciandosi all’indietro fin quasi a toccare terra”.
“Beh pur volendomi calare nei panni romantici di una svenevole dama, che è alquanto improbo data la mia attuale mise che non contempla affatto pizzi, merletti e guanti in seta, una volta che mi rovescio all’indietro, troverei ad accogliermi solo il duro parquet di casa e di forti braccia neanche l’ombra, altro che casqué!”
Pensò Olivia, sorseggiando davanti il pc l’ultima goccia del caffè ormai freddo.
L’unica ombra di cui al momento disponeva era la sua, riflessa nella finestra del piccolo ma soleggiato salone. Tutto intorno la stanza giacevano ancora gli scatoloni imballati del trasloco, giusto in tempo prima che quel misterioso virus, dal nome beffardamente regale, arrestasse drasticamente le vite di tutti.
Un due tre… i conti li faceva a suon di passi di tango ogni sera, sfruttando il riflesso del vetro della finestra in cui specchiarsi.
“Fissare un punto davanti a sé in assenza del torace del partner”, così recitava la voce dell’insegante del corso online e così Olivia si trovò a fissare il salone illuminato della finestra della casa di fronte.
Il suo occhio cadde sull’intrigante stampa di Corto Maltese in bianco e nero: “Tango”. Da quella stanza in genere sempre buia, faceva ora capolino una chioma sale e pepe china su una vecchia macchina da scrivere Olivetti.
Doveva avere pure lei da qualche parte una macchina da scrivere forse in qualche scatolone, chissà… intanto quel tempo slabbrato passò e Olivia migliorò nel suo tango solitario così come pian piano le vite di tutti e un giorno di inizio giugno, ritirando la posta trovò un manoscritto macchiato di inchiostro e caffè e un bigliettino: “Ti devo un casquè per avermi ispirato, finestra mia o tua?”
Per tutti quelli che almeno una volta nella vita hanno ballato un tango anche se il ballerino improvvisato non conosceva neanche il significato della parola “casquè”,
Per tutti quelli che si stupiscono ancora…
